STORIA DELLA SCUOLA

Immagine tratta dalla pagina del sito di Carlo Romeo “Il mio liceo classico – memorie di E. Frangipane
  1. La nascita della scuola media italiana a Bolzano, tra ginnasio e scuola tecnica

Le vicende dei primi corsi ginnasiali in lingua italiana a Bolzano si intrecciano strettamente a quelle della nascita della scuola media italiana nella “nuova provincia” annessa con il trattato di S. Germain. Già nell’autunno del 1919, ancora sotto il Governatorato militare del generale Pecori-Giraldi, accanto all’avvio della scuola elementare si sperimenta quello di una prima classe ginnasiale. L’esito, secondo la relazione del direttore Achille Salvetti, è tutt’altro che soddisfacente. Molti degli iscritti disertano quasi subito, trasferendosi nella scuola media tedesca. «Si constata dolorosamente che parecchie famiglie italiane di Bolzano han preferito mandare i loro figli alle scuole tedesche anziché a quelle corrispondenti italiane. Segno di deficiente coscienza nazionale ma più ancora segno di svalutazione morale delle insufficienti iniziative governative.» L’attività si svolge in un’aula dell’edificio di via Defregger (attuale via Leonardo da Vinci), accanto a quelle della scuola elementare.

Per l’anno successivo, nell’agosto del 1920, il Commissario generale civile della Venezia Tridentina Luigi Credaro, ex-ministro dell’istruzione pubblica nel periodo giolittiano nonché insigne pedagogo, incarica Savino Pedrolli di assumere la direzione della scuola media italiana, che prende ora il nome di Scuola tecnica aprendo tre classi per un totale di 28 studenti. Per la minoranza dei ginnasiali (6 in I e 4 in II) gli insegnamenti in comune con la scuola tecnica sono integrati da latino e francese. A partire dall’anno scolastico 1921-22 l’Ufficio scolastico e il Ministero cominciano a interessarsi dell’assetto della scuola di Bolzano, sino ad allora abbastanza “libera” di adattarsi alla particolare situazione locale, per uniformarla agli istituti del Regno. I provvedimenti di quest’anno definiscono sempre più nettamente la vocazione tecnico-scientifica dell’istituto; oltre alle tre classi di scuola tecnica si apre il «corso dell’Istituto sezione fisico- matematica», per un totale di 55 iscritti.

Contemporaneamente si rinuncia al ginnasio, lasciando però frequentare (con la solita integrazione di latino e francese) i ginnasiali già presenti, di numero ancor più ridotto (5 in II e 3 in III). Il 16 ottobre 1922, poco prima della “marcia su Roma”, uno degli ultimi decreti del ministro dell’istruzione pubblica Antonino Anile (che insieme al governo Facta decadrà alla fine del mese) istituisce il corso di ginnasio annesso alla scuola tecnica di Bolzano. È il primo riconoscimento ministeriale della presenza del ginnasio bolzanino, che d’ora in poi continuerà nella progressione delle classi senza soluzione di continuità. Nello stesso anno viene avviata la IV, che è la prima classe di ginnasio superiore in lingua italiana in Alto Adige. Per i suoi 3 studenti   ̶ Luigi Nulli (n. a Trieste), Guido Schlesinger (Catania), Loris Zanghellini (Trento)  ̶  ha inizio l’insegnamento della lingua greca, affidato alla supplente Caterina Zuretti.

Per avere un’idea delle complesse vicende della nascita del ginnasio bolzanino, si consideri che dei primi sei iscritti alla neonata scuola media bolzanina (1919-20), uno solo si trova ora in quarta ginnasio. Il Regio Istituto Tecnico si amplierà a partire dall’anno successivo (1923-24) anche per la presenza delle classi tedesche del corso inferiore del «Liceo-Ginnasio Riformato», che sarà aggregato come «Corso tedesco» all’istituto italiano, con propri insegnanti. Nuova sede della scuola diventerà proprio l’edificio del soppresso liceo-ginnasio tedesco (in Piazza Domenicani).

  1. 1924: nasce il “Regio Ginnasio-Liceo Carducci”

Gli avvenimenti dell’ottobre 1922 determinano, com’è noto, radicali e traumatici mutamenti non solo a livello nazionale ma anche locale. Il 1° ottobre squadre fasciste – in occasione della cosiddetta “marcia su Bolzano”, che porterà alla destituzione del sindaco Perathoner e persino del Commissario Credaro – occupano la più bella scuola cittadina, l’Elisabethschule, sede della scuola elementare e civica tedesca, ribattezzandola col nome di «Regina Elena». Il giorno dopo vi si trasferiscono le scuole elementare e media italiane. La mancanza di locali idonei e la questione scolastica in genere sono stati sin dall’inizio uno dei cavalli di battaglia della propaganda del fascismo locale. In questi anni vengono inoltre predisposti gli strumenti per l’abolizione della scuola tedesca in Alto Adige, finalizzata all’assimilazione della minoranza. Già nel 1921 la legge Corbino ha previsto l’iscrizione dei bambini di madrelingua (vera o presunta) italiana e ladina nelle scuole italiane; ciò ha particolari conseguenze nella zona mistilingue della Bassa Atesina (che resterà aggregata alla provincia di Trento fino al 1943). Da decenni essa è stata teatro di un’accanita “guerra delle scuole” tra pangermanisti e nazionalisti italiani. Il decreto-legge Gentile del 1923 inserisce definitivamente l’italiano come lingua unica d’insegnamento anche «nelle scuole alloglotte». Nel tempo vengono abolite pure le ore integrative di tedesco. Questi provvedimenti generano un diffuso sentimento di resistenza nazionale, che si esprimerà, tra l’altro, nell’organizzazione delle “Katakombenschulen”, le scuole clandestine. Dalla completa italianizzazione si salvano solo le scuole private dipendenti dall’autorità ecclesiastica e protette dal Concordato del 1929. La scuola dei Francescani di Bolzano, oltre che adattarsi all’insegnamento in lingua italiana, dovrà comunque rinunciare al ginnasio superiore. Gli unici licei in lingua tedesca che continueranno nel Ventennio – senza comunque il riconoscimento di scuola pubblica – saranno il Vinzentinum di Bressanone e dal 1928 lo Johanneum di Tirolo, entrambi seminari vescovili. Pochissimi tra gli oltre 700 insegnanti tedeschi presenti al momento dell’annessione potranno integrarsi nella nuova scuola, ottenendo la prescritta abilitazione a insegnare in italiano. Dall’anno scolastico 1924/25 viene istituito ufficialmente il «Regio Ginnasio-Liceo» di Bolzano (R. Decreto-Legge 16 ottobre 1924, N. 1699) sotto la presidenza provvisoria di Mario Della Venezia e un consiglio composto di cinque professori. Quattro le classi (I, II, III e V) per un totale di 43 studenti, di cui 13 femmine. Riguardo la provenienza, 4 sono nati a Bolzano, 16 in provincia di Trento, 21 nelle altre province del Regno e 2 all’estero. Sempre dall’autunno 1924 il Regio Ginnasio- Liceo, intitolato l’anno seguente a Giosue Carducci «poeta della nuova Italia», può disporre di un piano dell’edificio di Piazza Domenicani, la cui ristrutturazione (tra cui l’installazione della corrente elettrica, l’arredo etc.) durerà fino a tutto il 1925. In questi anni si sviluppa la rete dell’istruzione secondaria in lingua italiana nel territorio dell’Alto Adige. Oltre che a Bolzano, sorgono ginnasi-licei a Merano, Bressanone, Vipiteno e Brunico. Alcuni libri presi in consegna dal Regio Istituto Tecnico formano il primo nucleo della biblioteca scolastica, che si accrescerà lungo i decenni, grazie anche all’acquisizione di fondi privati e alla dedizione di generazioni di docenti, costituendo oggi un consistente patrimonio librario (più di 13 mila volumi), di particolare valore per la specializzazione umanistico-letteraria. Dal 1998 la biblioteca è intitolata a Francesco Moggio, indimenticabile figura di docente e cultore di lettere classiche presso il liceo tra gli anni Trenta e Settanta. Sotto la lunga direzione del barone Danilo Altenburger (1925-1937), già irredentista e parente di Ettore Tolomei, del liceo-ginnasio di Bolzano viene sottolineato non solo il compito culturale e educativo «ma altresì quello di penetrazione, di prestigio ed affermazione nazionale», secondo le direttive della politica culturale del fascismo in Alto Adige. «Sull’istituto dovrà convergere non solo la simpatia dell’elemento italiano, facile conquista, ma anche la stima dell’elemento alloglotta: anche i giovani tedeschi dovranno trovare in questa scuola italiana dignitosa e affettuosa accoglienza» (Cons. Prof. 1925).

Nella concezione della riforma gentiliana il liceo classico rappresenta il vertice del sistema scolastico italiano nonché l’accesso privilegiato alla continuazione degli studi nelle facoltà universitarie. Il rapido sviluppo di Bolzano nel ventennio, caratterizzato dalla massiccia immigrazione italiana (che porterà la popolazione residente dalle 34 mila unità del 1910 alle 64 mila del 1943), si riflette nel crescente numero degli alunni iscritti al liceo: inizialmente esso non supera la decina per classe, raddoppia alla fine degli anni Venti e infine porta, nella prima metà degli anni Trenta, alla necessità di istituire una seconda sezione. A ciò contribuisce ovviamente anche la chiusura delle scuole medie superiori tedesche. Nel 1929 il liceo di Bolzano è per la prima volta sede di una commissione esaminatrice per l’esame di maturità (anche per i candidati di Merano e Bressanone). Un’ulteriore promozione all’incremento di strutture e dotazioni dei licei dell’Alto Adige viene con l’istituzione del Regio Provveditorato agli Studi di Bolzano (1937), che viene così scorporato da quello di Trento.

Negli anni 1943-45 l’attività dell’istituto subisce un’interruzione, sia per la situazione bellica (in particolare per i pesanti bombardamenti su Bolzano) sia per i problemi amministrativi conseguenti all’occupazione germanica e all’istituzione della Zona d’Operazioni nelle Prealpi. Gli studenti bolzanini sono costretti a frequentare i licei di Bressanone e Merano e una parte dei docenti torna ai luoghi di provenienza.

  1. Il dopoguerra

Nel dopoguerra il liceo riprende subito un’intensa attività, sotto la presidenza di Carlo Busato (in carica già dal 1937), con due sezioni e un consiglio di 17 docenti (solo sette dei quali presenti nel 1943). La serietà e il rigore dell’insegnamento   ̶ giudicato “eccessivo” nel ricordo pur affettuoso e grato di alcuni studenti   ̶   avevano caratterizzato sin dall’inizio l’istituto, insieme al prestigio derivante dal valore di molti docenti. Tali caratteristiche non vengono meno nel periodo del dopoguerra e della ricostruzione, in un mutato clima di democratico dibattito sulle vecchie e nuove finalità educative. Lungo gli anni Cinquanta, sotto la presidenza di Ettore Fata (1952-1966), si accresce il ruolo propositivo degli studenti che si ritagliano spazi di gestione (ad esempio il Circolo Studentesco) e ottengono l’organizzazione di attività parascolastiche, tra cui conferenze e dibattiti  ̶  concessi nel 1954 «alle III classi per l’ultima ora del sabato»  ̶  nonché «un periodico sul quale esprimere i problemi dei giovani» (Cons. Prof. 1958).

Le grandi istanze di rinnovamento che agitano la società italiana negli anni Sessanta (che vedono tra l’altro la nascita della scuola media unica), si riflettono con ritmo crescente nella sempre maggiore attenzione dell’istituto nei confronti delle componenti dei genitori e degli studenti, nel segno di una «sana democratizzazione della scuola» (Cons. Prof. 1964). Nel gennaio 1966 viene inaugurata la biblioteca degli alunni, che funge anche da luogo di riunione e viene incentivato il finanziamento per il giornalino ciclostilato e per le iniziative extra-scolastiche.

Le tensioni politico-ideologiche sullo scorcio degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta entrano anche nella vita del liceo bolzanino, culminando con l’occupazione del 1977 che per una ventina di giorni riempie le cronache cittadine.

  1. Il «Liceo classico-linguistico»

Dal 1972 l’istituto si è intanto trasferito nella nuova sede di Via Manci, che offre spazi più adeguati alle esigenze didattiche (laboratori, aule speciali, palestre), a quelle assembleari (la spaziosa Aula Magna, il cui utilizzo viene richiesto dagli studenti per proiezioni di film e concerti) e, infine, all’aumento delle classi. Lungo gli anni Settanta e Ottanta, infatti, sotto la lunga presidenza di Claudio Nolet, il numero delle sezioni oscilla fra tre e quattro.

Sotto la presidenza di Vito Mastrolia (1994-2003) il liceo si confronta con le grandi trasformazioni nel campo della comunicazione, dei nuovi saperi e abilità, che portano all’istituzione di un indirizzo linguistico, inizialmente sperimentale, e alla dotazione di strumenti multimediali. Il numero degli iscritti si accresce rapidamente determinando l’aumento delle sezioni che in alcuni anni raggiungono il numero di otto.

Resasi improrogabile una completa ristrutturazione dell’edificio, nel 2011 il liceo viene trasferito temporaneamente nella vicina sede di Via Longon 3, già sede del Liceo Pedagogico Pascoli. Dal settembre 2013 si ristabilisce in Via Manci, nel nuovo, moderno edificio.

 

La continuità dello sforzo di far interagire l’antico col moderno, nel segno di un quotidiano confronto con i valori umanistici, ha reso il liceo bolzanino, nella sua ormai lunga storia, uno dei punti di riferimento della vita culturale del territorio.

 

I presidi del Carducci

 

Mario Dalla Venezia (1924 – 1925)

Danilo Altenburger (1925 – 1937)

Carlo Busato (1937 – 1952)

Ettore Fata (1952 – 1966)

Franco Mollia (1966 – 1967)

Roberto Augustoli (1967 – 1969)

Ermete Lovera (1969 – 1971)

Elvira Scopa (1971 – 1972)

 

Roberto Augustoli (1972 – 1973)

Claudio Nolet (1973 – 1978)

Angelo Tripodi (1978 – 1979)

Claudio Nolet (1979 – 1994)

Vito Mastrolia (1994-2003)

Marco Mariani (2003-2009)

Carmen Siviero (2009-2011)

Andrea Pedevilla (2011-2019)

Cristina Crepaldi (dal 2019)